Se molli sempre è perché non ti sei mai impegnato davvero (affrontare le resistenze al cambiamento)

Non ho mai fatto sport per motivi di salute. Già da ragazza non riuscivo a portare a termine la lezione di ginnastica e ogni sforzo prolungato mi faceva venire la febbre e mi dava altri problemi. Ho fatto poi diversi tentativi nel corso degli anni, ma alla fine stavo sempre peggio. Una frustrazione immensa!

In questo periodo della mia vita mi sento meglio. Sono più forte, fisicamente e psichicamente, e allora mi sono detta: perché non provare a iscrivermi in palestra?

Così ho fatto. Appena ho cominciato, però, si sono riattivati tanti vecchi sintomi. È stata una sofferenza non solo fisica, ma anche mentale, perché la paura mi gridava che non ce l'avrei fatta, che non ero veramente guarita e mai sarei riuscita ad andare oltre certi limiti.

Com'è finita? Dopo un mese e mezzo circa, si è tutto risolto. Non solo la risposta infiammatoria del corpo si è placata, ma la mia salute sia fisica sia emotiva ha cominciato a migliorare nettamente.

Le resistenze al cambiamento
A distanza di tempo, mi rendo conto che quei sintomi iniziali – sia i processi infiammatori del corpo sia i dubbi che si muovevano nella mia mente ("Non fa per me... È la solita storia... Non cambierò mai... Forse è destino così...") – erano resistenze al cambiamento.

Una resistenza al cambiamento è quello che si scatena in te a livello mentale, emozionale, energetico e/o fisico per impedirti di uscire dallo status quo, per impedirti di cambiare.

Una resistenza al cambiamento appare sempre come una "motivazione valida" per rinunciare a quella cosa nuova che abbiamo iniziato a fare, ma è perché sa usare i nostri meccanismi interni, comandando i pensieri, il corpo, la nostra stessa energia. 

Crediamo così tanto a come ci “sentiamo” sul momento, che quando ci veniamo sommersi dalla fatica o dai pensieri che ci chiedono di mollare, pensiamo che sia vero, che il problema sia nel fatto probabilmente ci troviamo su una strada che non fa per noi.

Conosco il meccanismo, eppure non lo avevo riconosciuto, non subito, nel caso della palestra.  

Per mia fortuna, però, il coach del posto mi ha dato una svegliata. Vedendomi stressata e nella paura, mi ha detto qualcosa che riassumo con i seguenti concetti:

Chi ha sofferto di patologie croniche per tanti anni, si aspetta di stare sempre male. Ma chi l'ha detto che sarà così anche in futuro?

Il tuo corpo non è lo stesso del passato, ma la tua mente non lo sa... così, ai primi sintomi, fa conclusioni apocalittiche.

Anche quando sembra una questione fisica, spesso è una questione mentale. Se ti racconti che ce la farai, il corpo troverà il modo. Se invece, a ogni sintomo o problema che insorge, ti approcci con la mentalità del temere o aspettarti il peggio e non il meglio, tanto vale che rinunci subito. È energia sprecata.

O ti dedichi veramente a questa cosa, con un mindset coerente con la scelta fatta, o lasci stare.

Tra fiducia e responsabilità

Ho compreso il messaggio subito e ho capito che stavo avendo a che fare con le resistenze al cambiamento. Ho quindi deciso di ignorare i sintomi, i dolori, lo stress... dandomi un tempo minimo di qualche mese, prima di trarre conclusioni.

Ho anche attivato un mindset diverso. Mi sono detta: "Ho fiducia che eventuali fastidi sono solo per un periodo di adattamento". Ho smesso di essere "oppositiva" e ho cominciato a "collaborare" veramente con l'impegno preso.

La fiducia... che chiave importante! Ma è parte del prendersi la responsabilità della scelta. Come puoi veramente impegnarti e credere di riuscire se non hai fiducia? Se non hai fiducia, non ti sei preso veramente la responsabilità

 

"Non lo vuole la mia anima"

Una scusa molto gettonata, almeno tra chi ha interessi spirituali, è: "Se sento questa pesantezza, allora probabilmente è perché non lo vuole la mia anima". Se la tua anima mi volesse davvero su questa strada – ti racconti – non avrei tutta questa fatica, tutta questa resistenza.

Il mio primo mese di palestra, signori, ho avuto ogni sorta di dolore e ostacolo. Non era una pigrizia mentale, non era acido lattico, era proprio il corpo che era andato in allarme... e la mia mente usava i sintomi per fare le sue previsioni catastrofiche. Per come mi sentivo, avrei potuto benissimo credere che la mia anima non mi volesse dentro questa esperienza.

E invece a non volere la nuova esperienza era la versione di me legata al passato.

C’è una versione di noi che si oppone al cambiamento, perché per lei significa morire, smettere di esistere e non poter più controllare la realtà nel modo in cui ha sempre fatto.

Se proprio vogliamo parlare di intenti spirituali, mi viene in mente quello che diceva un mio insegnante di scienze dello spirito, Francesco Varetto: i Maestri non hanno bisogno di persone piene di amore, ma prima hanno bisogno di persone che si prendono un impegno o lo portano avanti, persone capaci di dire "lo faccio" e poi lo fanno. Se non c'è questo, l'amore non serve a niente.

 

Come riconoscere la crisi dovuta alle resistenze 

Quando scegli una direzione, quando inizi un progetto, devi mettere in conto che prima o poi incontrerai delle resistenze al cambiamento. Soprattutto se la direzione scelta ti porta a fare cose che in passato non facevi e ti espone a qualcosa che non eri abituato a gestire.

Se per esempio – stando nel campo in cui ho esperienza – il tuo progetto riguarda creare una presenza sui social, metterci la faccia, esporti, condividere foto, video e articoli, e magari fare anche delle conferenze di presentazione, ma è qualcosa che non sei abituato a fare, puoi dare per scontato che arriverà una crisi che cercherà di fermarti e magari convincerti che, di quel progetto, in fondo non ti importa nulla.

Come distinguere una crisi dovuta alla reale necessità di cambiare strada, da una crisi che nasconde una resistenza al cambiamento?

Prima di rispondere, facciamo una premessa: parliamo di una strada che inizialmente abbiamo scelto perché ci attirava, ci piaceva, aveva un senso per noi. Quindi la crisi di cui parliamo è qualcosa che sopraggiunge su un percorso che abbiamo iniziato con voglia o perlomeno con un atteggiamento di apertura.

Se, invece, ci troviamo ad avere delle crisi all'interno di un lavoro o di un progetto che abbiamo scelto contro voglia fin dall'inizio, senza rispettare il nostro essere... bhè, quelle crisi sono molto probabilmente l'apice di una verità che già conosciamo.

Ecco a seguire i due fattori principali che aiutano a riconoscere e superare le resistenze al cambiamento.

Lasciar andare la vecchia identità

 1) Il primo fattore è la capacità di lasciar andare la propria vecchia identità.

Vuol dire smettere di essere attaccati al proprio modo di pensare, a quello che si crede di conoscere, alle vecchie abitudini; smettere di essere rigidi nel percepire se stessi e il mondo, ma aprirsi alla possibilità che tutto può mutare.

Ogni cambiamento è una sfida alla nostra identità e quindi alle sue abitudini di pensiero e di azione.

Molto spesso le resistenze che sentiamo sono dovute alla vecchia identità che si oppone e che fatica a fare cose diverse da quelle che le è sempre stato comodo e sicuro fare.

Se non ti accorgi come sei naturalmente seduto dentro una identità, uno schema mentale, una visione, farai molta fatica a lasciarla andare e a permettere il verificarsi di una nuova realtà.

Fai un respiro profondo e apriti all'idea che è possibile abbandonare il tuo vecchio vestito e le regole che lo hanno definito fino a oggi. C'è una nuova versione di te che ti sta aspettando.  

La vera domanda è: sei veramente disposto a fare questo passaggio?

 

Impegnarsi per un periodo stabilito

2) Il secondo fattore è il "tempo": occorre stabilire un tempo minimo in cui mettersi in gioco totalmente e portare avanti l'impegno preso, costi quel che costi.

Si tratta di prendersi la responsabilità di quella scelta, il che vuol dire non dare credito a qualunque crisi, interna o esterna, che volesse distoglierti dall’intento.

L'unica crisi che puoi accettare è quella che ti fa chiedere: come posso far meglio questa cosa che sto facendo? Come posso aiutarmi ulteriormente? Allora magari trovi un modo più efficace, più giusto per te, ed escono fuori altre risorse che ti aiutano.

Ma gli altri dubbi, ragionamenti, down emotivi e qualunque altra cosa ti spinga a mollare vanno messi da parte, almeno sino alla fine del periodo stabilito.

Entrare nell’esperienza

La voce della resistenza continua a insinuare che, se quello che stai facendo fosse davvero giusto per te, non avresti certe crisi, non incontreresti ostacoli. È furba e in questo modo cerca di convincerti a lasciar perdere.

A voler essere precisi, la via senza ostacoli è proprio quella dove tu molli. Su quella via non incontri nessuno ostacolo che fermi la tua voglia di procrastinare o di abbandonare i tuoi progetti. Mollare è la strada più facile, non certo quella ostacolata.

Per sapere se quella via fa davvero per te o meno?

Non devi guardare agli ostacoli, ma entrare nell'esperienza, percorrerla, non fermarti alla prima curva.

Porta a compimento l'impegno che ti sei preso e, solo dopo, trai le tue conclusioni.

Non è per tutta la vita. Non è per 20 anni. È per qualche mese. Diciamo almeno tre mesi (in media, poi dipende dal tipo di impegno…), ma tre mesi dove l'impegno è reale.

C'è chi sta in una situazione diversi anni, ma senza essersi veramente impegnato. Ecco, in quel caso equivale a non starci.

Che faccia caldo, freddo, che tu abbia dormito o meno, che ti senta euforico o depresso, col mal di pancia o mal di vivere, prenditi la responsabilità, non le scuse. Il tuo obiettivo è non fermarti e non farti fermare, dedicarti dando il massimo. Solo per tre mesi. Questo il patto con te.

 

"E se perdo tempo"?

Domanda: e se spingo per tre mesi, prendendomi a calci nel sedere ogni volta che voglio mollare, ma alla fine capisco comunque che voglio cambiare strada... non avrò perso tempo? Non mi sarò consumato inutilmente?

La risposta è decisamente “no”. La consapevolezza che sviluppi nel fare l'esperienza ti dona delle risorse che non avresti potuto ottenere abbandonandola prematuramente.

Alla fine di quei tre mesi di pura, sincera e focalizzata dedizione, conoscerai meglio te stesso e la tua energia. E sarà una conoscenza autentica, non intellettuale.

Guardando alle resistenze affrontate, saprai se erano il segnale che ti dice di lasciare la strada o se era la tua vecchia versione che si opponeva al cambiamento.

Camilla Ripani
Mentor & Life Coach 

PS.

Queste riflessioni non sono per chi cerca scuse o conferme sui propri blocchi. Sono per chi ha deciso che è ora di smettere di rimandare e vuole passare all'azione. Se senti che sei pronto per superare la paura di esporti online e vuoi costruire la tua presenza digitale, posso sostenerti con un percorso dedicato. Scrivimi se ti riconosci.

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